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venerdì 29 gennaio 2010

Stipendi? Italia fanalino di coda

Rapporto Eurispes: «Gli stipendi italiani
tra i più bassi dei Paesi industrializzati»
L'Italia occupa il ventitreesimo posto sui trenta dell'Ocse. E l'affitto può assorbire tutto il budget familiare
MILANO - Gli stipendi italiani sono tra i più bassi dei Paesi industrializzati. «Dalla classifica 2008 relativa alle economie che fanno parte dell'Ocse emerge che, a parità di potere d'acquisto, l'Italia occupa il ventitreesimo posto sui trenta paesi monitorati, con un salario medio netto annuo che ammonta a 21.374 dollari, pari a poco più di 14.700 euro». È quanto si legge nel "Rapporto Eurispes Italia 2010". «Tra i paesi con il maggior salario medio netto annuo per un lavoratore senza carichi familiari si collocano tra i primi dieci: Corea del Sud (39.931 dollari), Regno Unito (38.147), Svizzera (36.063), Lussemburgo (36.035), Giappone (34.445), Norvegia (33.413), Australia (31.762), Irlanda (31.337), Paesi Bassi (30.796) e Usa (30.774) - continua l'Eurispes - Il nostro Paese con 21.374 dollari occupa invece la ventitreesima posizione. «Volendo fare un paragone con gli altri cittadini europei, il lavoratore italiano percepisce un compenso
salariale che è inferiore del 44% rispetto al dipendente inglese, guadagna il 32% in meno di quello irlandese, il 28% in meno di un tedesco, il 19% in meno di un greco, il 18% in meno del cittadino francese e il 14% in meno di quello spagnolo. I lavoratori italiani incassano dunque ogni anno retribuzioni medie tra le più basse dei paesi industrializzati, mediamente il 17% in meno della media Ocse, il cui valore è pari a 25.739 dollari».

LA CRISI - Il rapporto Eurispes, come sempre, scatta un'istantanea del nostro Paese sotto molti punti di vista. Sempre analizzando il quadro economico italiano, la ricerca rivela che nonostante la crisi «galoppante» a livello mondiale, il sistema produttivo italiano ha registrato un aumento delle imprese di 28mila unità nel secondo trimestre del 2009. Aumento che ha riguardato per lo più imprese individuali con titolari non giovanissimi, visto che la percentuale di giovani imprenditori con età inferiore ai 30 anni è diminuita, mentre è aumentata quella relativa alla fascia di imprenditori tra i 30 e i 49 anni. E sono in particolare le «imprese rosa» quelle che resistono meglio alla crisi.

AFFITTI - L'Eurispes si occupa anche di redditi familiari, sottolineando che un affitto ormai può pesare sul budget di una famiglia con un reddito annuo di 20 mila euro l’anno e che abita in una zona centrale fino al 116 per cento. L'Eurispes confronta il canone di locazione annuo medio di otto città (zona centrale o periferica) con un reddito lordo disponibile di 20 mila o 30 mila euro. Una famiglia con un reddito annuo di 20mila euro che volesse vivere in una zona urbana centrale di una delle otto città considerate, afferma l'Istituto, dovrebbe destinare al pagamento del solo canone di locazione (escluse quindi le spese accessorie), una percentuale del proprio reddito compresa tra il 24,8% e il 116,6%, mentre in zona periferica la stessa percentuale varierebbe dal 20,2% e il 67,5% (rispettivamente Palermo e Roma). L'incidenza del canone di locazione su un reddito di 30mila euro l'anno «risulterebbe, ovviamente, inferiore, ma tutt'altro che
trascurabile», si sottolinea nel Rapporto: Varierebbe, infatti, tra il 16,6% e il 77,8% in una zona urbana centrale e tra il 13,4% e il 45% in periferia (rispettivamente Palermo e Roma). Inoltre, una famiglia su tre non arriva a fine mese. L'Eurispes rileva però «segnali di ripresa» perché diminuiscono gli italiani che devono »raschiare il fondo del barile» o che hanno difficoltà a pagare il mutuo o l'affitto. Rispetto allo scorso anno, spiega l’Eurispes, sono in diminuzione le famiglie che hanno necessità di utilizzare i risparmi familiari (42,9% del 2010 contro il 51,2% del 2009) o che hanno difficoltà a pagare la rata del mutuo (23,3% del 2010 contro il 34,3% del 2009) o il canone d'affitto (18,1% del 2010 contro il 23,1% del 2009). Il 30,8% delle famiglie italiane inoltre, riesce a risparmiare qualcosa.

BANCHE - La maggioranza degli italiani, sottolinea ancora l'Eurispes, è critica verso le banche: per l’86,1%, quasi 9 su 10, gli istituti non sono in grado di farsi carico delle necessità delle famiglie. Per quanto riguarda l'onerosità dei prestiti bancari, il giudizio degli italiani è «decisamente negativo»: quasi la metà (45,7%) di coloro che hanno avuto accesso al credito «negli ultimi tre anni ritiene che il tasso di interesse applicato sia alto» e solo uno su tre (32,3%) ritiene viceversa che sia «adeguato». L'86,1% ritiene che il sistema bancario italiano non sia «in alcun modo o poco in grado di farsi carico dei problemi e delle necessità delle famiglie (rispettivamente il 46,6% e il 39,5%)», mentre solo l'8,8% pensa che sia abbastanza in grado e solo lo 0,7% molto in grado. Il 55,2% degli italiani è inoltre «molto convinto» che le banche diano credito solo a chi dimostra già di possedere beni, mentre il 33,6% ne è comunque
abbastanza convinto.

IMMIGRATI - Non manca un'analisi dell'immigrazione: secondo l'Eurispes, quasi la metà degli italiani (46,1%) ritiene che un atteggiamento di diffidenza nei confronti degli immigrati sia giustificabile, ma solo in alcuni casi. Il 22,8% definisce questo atteggiamento pericoloso, il 17,7% riprovevole, il 10,4% condivisibile. Nelle Isole la diffidenza verso gli immigrati viene definita pericolosa in percentuale superiore alla media (27,2%). Al Nord-Est, invece, sono particolarmente numerosi coloro che considerano giustificabile la diffidenza verso gli immigrati, ma solo in alcuni casi (53,2%), mentre sono inferiori alla media quelli che la considerano riprovevole (13%).

DAL CAPPUCCINO AI SINGLE - Spazio poi alle curiosità. In ordine sparso: il 17% degli italiani salta cappuccino e cornetto; in soli tre anni i single nel nostro Paese sono aumentati del 10%; il 60% degli italiani è contrario alla rimozione del crocifisso; il 2009 potrebbe essere ricordato come l'anno in cui sono avvenute più segnalazioni da dieci anni a questa parte; un italiano adulto su tre dichiara di bere alcolici, e se questa è un'abitudine saltuaria per il 55,7%, beve spesso l'11% e tutti i giorni il 4,1%.

martedì 12 gennaio 2010

Legge 150: e' boicottaggio?

Un passo avanti e due indietro. Questa sembra essere la velocità con cui la Legge 150 viene applicata nel nostro Paese.
Le cose andrebbero certamente meglio se si ponesse fine all'inutile esercizio dialettico di chi vuole una legge nuova di zecca e di chi non ne vuole nessuna.

Uno spettacolo simile a quello offerto da chi non sa nuotare e, una volta buttato in acqua, sbuffa e annaspa in ogni direzione ma praticamente rimane fermo.

Il decennale dibattito su questa legge non è più, da tempo, un contributo accademico ma un suicidio professionale che lascia tutti i comunicatori pubblici appesi al filo di un imbarazzante decisionismo.

Un' ulteriore conferma ci viene da tre recenti fatti.

La Regione Basilicata approva un emendamento alla legge finanziaria per garantire il contratto nazionale dei giornalisti anche a coloro che operano negli enti sub regionali.

Il Comune di Napoli chiede, per il posto di direttore della web tv, il requisito di iscrizione da almeno 20 anni all'Ordine dei Giornalisti, alla faccia delle politiche di aiuto ai giovani.

Il Consiglio Comunale di Bondeno (Ferrara) abolisce l'ufficio stampa del Comune.

Amministrazioni diverse, aree geografiche distanti, politiche autonome ma unico il risultato: annullare nei fatti i principi e le indicazioni della Legge 150.
Seguono, ovviamente, le consuete, indignate prese di posizione.

Come spezzare questa perversa cultura del fatto compiuto?
Come riportare le riforme degli anni '90 al centro del processo di cambiamento?

La risposta sarà possibile solo se si saprà superare gli ostacoli strumentali che qualcuno continua a porre. Solo se sapremo davvero costruire una grande, libera comunità professionale.

Altrimenti occorrerà rassegnarci ad un meccanismo che vede le persone trasformate in numeri, i numeri in percentuali, le percentuali in clave da usare nello scontro politico.

Ma quanto tempo ancora rimane ai comunicatori pubblici?


 
Wordle: dani